“Era uno di quei perfetti giorni autunnali così comuni nelle storie e così rari nel mondo reale. Il tempo era mite e secco, ideale per far maturare un campo di grano o di frumento. Su ambo i lati della strada gli alberi stavano cambiando olore. Gli alti pioppi erano diventati di un giallo simile a burro mentre i cespugliosi sommacchi che invadevano la strada erano tinti di un rosso violento. Solo le vecchie querce sembravano riluttanti ad abbandonare la bella stagione, e le loro foglie rimanevano n bilanciato miscuglio di oro e verde”.

Buongiorno gentili viaggiatori, come state? Un po’ fiacca questa settimana? Beh, non preoccupatevi, perché la nostra prossima tappa sarà nella calda e accogliente locanda “La Pietra Miliare”, dove racconti e leggende su un certo Kvothe circolano tra i popolani del posto. A questo punto mettiamoci comodi, ordiniamo qualcosa e ascoltiamo… Il nome del vento.

Guerrieri ed eroi, demoni chiamati Chandrian e un’Accademia dov’è possibile conoscere la “simpatia”, una magia vista come qualcosa fatto di chimica e legami, e poi… il nome delle cose, tra cui il nome del vento.

Illustrazione tratta dal libro – Edizione decennale

Il nome del vento è un fantasy di Patrick Rothfuss che dal 2007, anno della sua prima pubblicazione, è effettivamente diventato leggenda. Rinomato, chiacchieratissimo e amato dai drogati del genere – tra cui io, ovviamente. Tra le tante ristampe che ne sono state fatte, quella che personalmente possiedo è quella decennale, finemente illustrata ed edita da Oscar Mondadori.

La storia inizia in maniera piuttosto particolare, nella locanda La Pietra Miliare, appartenente ad un locandiere gentile e devoto al lavoro, ma che nasconde forse più di quanto dice. Cosa ce lo suggerisce? Beh, forse quella particolare spada appesa con noncuranza sopra le teste del proprietario stesso… o forse il modo in cui l’atmosfera sembra mutare rapidamente insieme al suo umore, se minacciato. Forse, ancora, i suoi capelli rosso fuoco… così rari, così particolari, come il colore dei suoi occhi che sembra mutare inaspettatamente. Ma Kote è solo un locandiere! Cosa state pensando! E il suo apprendista? Un semplice giovanotto che segue le orme del suo maestro…

Certe volte però, miei cari viaggiatori, l’apparenza inganna. Non tutto è come sembra, e lo scopriremo presto grazie a Cronista, un racconta-storie giunto alla Pietra Miliare con lo scopo di trovare il famoso Kvothe, eroe-regicida-assassino-arcanista e chi più ne ha più ne metta.

Cronista ha occhio per il dettaglio, non gli sfuggirà dunque che il caro locandiere non sia davvero soltanto un semplice locandiere… e sarà proprio lì, tra le ombre di un uomo invecchiato dai propri ricordi e rimpianti, che troverà ciò che stava cercando.

Questo libro è stata un’ispirazione per molti scrittori per la particolare struttura del libro, per la tipologia di narrazione e, perché no, anche per la delicatezza mostrata nel parlare di emozioni, sentimenti ed eventi difficili da superare. Kristoff stesso, per esempio, ha preso ispirazione da Il nome del vento per il suo L’impero del vampiro, di cui vi ho parlato recentemente. Per chi ha letto quest’ultimo libro, infatti, non sarà una novità notare che il libro racconta la storia di Kvothe, nostro protagonista, come se fosse un vero e proprio racconto portato avanti dal caro locandiere della Pietra Miliare.

Una storia che si srotola davanti ai nostri occhi lentamente, prendendosi il suo tempo, perché come Kvothe stesso ci dice, “certe storie devono essere raccontate bene”, con criterio e hanno bisogno del loro tempo per essere narrate e scritte. La storia di un uomo non può essere raccontata in modo frettoloso.

Se si vuole comprendere davvero chi e cosa è Kvothe oggi, bisogna attraversare il suo turbolento passato con la giusta attenzione. Soprattutto perché la vita di Kvothe non è stata affatto facile.

Proveniente da una famiglia di musicisti, attori e artisti girovaghi, sin da piccolo era solito girare il mondo con i suoi genitori e la sua compagnia, una delle più prestigiose in circolazione. Per garantirsi una tale fama però bisogna portare al proprio pubblico spettacoli sempre nuovi, sinfonie e melodie ricercate… e storie mai narrate. Ed è proprio ciò che il padre di Kvothe cerca di fare, narrando la verità sulla leggenda dei Chandrian, creature oscure e demoniache che tutti temono e che non vengono mai nominate ad alta voce: uno di loro potrebbe sorprenderti e rapirti l’anima o potresti fatalmente perdere te stesso nell’oblio oscuro dei loro occhi!

Scetticismo e spirito avventuriero però spingono il padre di Kvothe a fare ricerche sulla reale storia dei Chandrian – o comunque, sulle storie più veritiere che li riguardano, dato che vengono considerati da tutti più come delle favole o storie dell’orrore per bambini – e comporre il tutto in una nuova canzone da cantare al proprio pubblico. Del resto, i loro spettacoli erano i più belli e ricercati per un motivo.

Questa scelta però si rivelerà fatale, perché sarà ciò che attirerà l’attenzione proprio dei Chandrian, vivi e in carne ed ossa, e li porterà a distruggere tutto ciò che di bello e familiare Kvothe era solito conoscere. Perché i Chandrian sono una leggenda, un segreto, un sussurro nella notte, un mistero mai svelato… e ciò sembrano voler rimanere in eterno.


Il piccolo Kvothe sarà l’unico a salvarsi dalla devastazione di quel momento, ma quel terribile evento lo porterà dentro di sé per sempre e lo divorerà giorno dopo giorno per ben sette anni, dove sarà costretto a vivere per strada come un qualsiasi orfano di strada. Sarà quando un vecchio anziano in una locanda nominerà nuovamente i Chandrian che i ricordi di Kvothe torneranno a galla, vividi e limpidi, e lo spingeranno a sapere di più, a conoscere la verità su loro e sul motivo dell’uccisione dei suoi poveri genitori e dell’intera compagnia itinerante. Il desiderio di conoscenza lo porterà alle porte dell’Accademia, ad un futuro da Arcanista che avrà sempre fame di sapere.

Kvothe sarà però eternamente un giovane tormentato, in costante ricerca di ciò che non è facilmente visibile agli occhi: sarà ciò che lo spingerà a sapere e ad apprendere la “simpatia”, quella che noi comunemente conosciamo come magia, ma che qui viene vista in maniera leggermente diversa. Conseguentemente, ciò lo porterà ad essere avido di sapere, per diventare forte e leggendario come Taborlin Il Grande, colui che conosceva il nome del vento. E Kvothe desidera proprio questo, conoscere il nome del vento.

In questa lunga avventura incontrerà amici e nemici, maestri benevoli e altri fatti di tutt’altra pasta, ma anche un amore che sarà destinato a rimanergli nel cuore per sempre, e di cui non vi svelerò nulla… perché è un segreto che dovrete sentire narrare da Kvothe stesso.

Illustrazione tratta dal libro – edizione decennale

Arrivati a questo punto, posso solo dirvi che Il nome del vento è un fantasy dalle tinte autunnali ricco di sentimento e umanità, oltre che di magia e leggende che, persino alla fine di questo libro, ci rimarranno comunque ignote… e questo perché è solo il primo volume di una trilogia che dev’essere ancora terminata (ROTHFUSS, CHE DOBBIAMO FARE? ESCI STO LIBRO). Intanto ci rimarrà da leggere il secondo libro che si prospetta essere molto, molto più bello di questo libro, dove lo scopo principale era introdurvi al worldbuilding e ai personaggi che ne fanno parte, ognuno di loro caratterizzato con grande maestria.

Ma Kvothe, cari viaggiatori, è un personaggio che vi rimarrà dentro: svelerà piano piano il suo vero io, la sua storia, i suoi pensieri e ricordi, si aprirà con voi e diverrà il vostro migliore amico. Così fragile, eppure così terribilmente temerario e coraggioso. Così umano, così reale.

Sfido chiunque di voi a non ritrovarsi un minimo in lui. So che non ci riuscirete. So che lo adorerete.

Leggetelo e fatemi sapere. Vi aspetterò davanti ad un bel sidro di mele alla Pietra Miliare, a sperare e pregare insieme che Patrick esca presto il terzo libro!

IG: @sassenachthereader

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