Ci addentriamo nuovamente nel Nikan e parliamo dunque de La Repubblica del Drago, un libro che inizia in maniera tempestosa, con i fuochi d’artificio, e che continua così per tutte le sue 600 pagine. Ad accoglierci c’è sempre lei, Rin, ma differente da come l’avevamo lasciata ne La Guerra dei Papaveri: totalmente immersa nella realtà sospesa e nebulosa fornita dall’oppio. L’oppio le permette di smettere di pensare al dolore atroce provocato ai Federati, grazie al potere della Fenice che ha incanalato, e alla sofferenza dovuta alla perdita di Altan.

In questa nebbia costante però Rin è diventata il comandante dei Cike. Leggiamo quindi di una creatura fatta di rabbia, ferocia e rimpianto nella sua interezza, accompagnata da una Dea che nella sua testa la tormenta e la spinge a dare il peggio di sé, a scatenare ciò che è realmente e bruciare tutto, tutti. Rin prova costantemente a fare del suo meglio per i suoi sottoposti… ma fallisce miseramente. Con quel controllo così povero sulle sue capacità, il non saper resistere alla voce suadente della Fenice e l’oppio che la rende poco lucida e rallenta pericolosamente i suoi riflessi, Rin è un disastro. È una miccia pronta a prendere fuoco. Accecata dalla rabbia, dalla vendetta e dal desiderio di uccidere l’Imperatrice che li ha traditi, uno dopo l’altro i suoi piani falliscono rovinosamente. Inoltre, l’utilizzo continuo dell’allucinogeno l’ha resa più magra ed emaciata, sull’orlo del precipizio e pronta a morire. Nulla di nuovo però… perché nessun Cike vive a lungo, non è così? Cadi preda della follia o muori giovane. Non sembrano esserci alternative.

In questa turbolenta lotta con sé stessa, alla ricerca disperata di qualcuno che possa aiutarla a raggiungere l’Imperatrice per poi ucciderla, Rin incontra un vecchio amico perduto. Questo incontro la porta a creare una nuova alleanza che potrebbe permetterle di soddisfare la sua sete di vendetta.

L’alleanza la porta però ad avviare una nuova guerra, e in un Nikan distrutto dalle tre sanguinose Guerre dei Papaveri – l’ultima appena conclusa – questo significherà portare al Paese già morente ulteriore distruzione, morte e città annientate. Sarà costretta ad uscire dalla piacevole pausa nebulosa fornita dall’oppio e disintossicarsi, così da imparare ad usare il suo letale potere in maniera consapevole e lottare.

Lottare, lottare e ancora lottare. Può fare solo questo, perché è l’unica cosa di cui è capace, o almeno è questo che si ripete. Cos’è lei – una soldatessa, una servitrice della Fenice – senza una guerra? Come tutti i Cike, lei va dove sembrano esserci guerra e distruzione.

Arriviamo al mio parere personale. Questo libro mi ha travolta: è turbolento, tempestoso, iracondo… e per questo l’ho amato profondamente. Ogni pagina descrive una lotta interna ed esterna, un combattimento con il proprio essere umani e i limiti di questa condizione e, allo stesso tempo, un combattimento tra le terre di uno stesso Paese.

Alleanze e tradimenti, perdite e conquiste, verità e bugie, potere e consumazione: un elemento comporta l’altro, come due facce della stessa medaglia, e questo libro le ingloba entrambe. In particolare, le vedrete tutte in Rin, una creatura così potente eppure così fragile. Così disumana nelle azioni, eppure così vera. È forse uno dei personaggi più veri, concreti e reali di cui abbia mai letto. La Repubblica del Drago non narra solo di guerre, alleanze e tradimenti, ma parla del significato di essere umani, e lo manifesta tutto in Rin. È un duplice racconto che viaggia sugli stessi binari e noi, da lettori, siamo portati a vedere i risvolti di entrambe le storie.

Qualcuno criticherà Rin, leggendo questo libro. Qualcuno potrebbe vederla come sregolata, eccessivamente vendicativa e arrabbiata, un fuoco vivo sull’orlo della disumanità, ma io la vedo come l’incarnazione di tutto ciò che è umano. Buono e cattivo. Entrambe le condizioni messe insieme. Non potremo mai stare dalla sua parte senza porci dei dubbi su noi stessi e sulle scelte che avremmo fatto al posto suo, ed è forse questa il reale potere di questo libro, la concreta bellezza che si porta dietro: il mettere il lettore in una posizione scomoda, tale da riflettere profondamente. Prima sul personaggio, poi su sé stesso.

La Repubblica del Drago è una bomba ad orologeria e voi, cari lettori e care lettrici, verrete totalmente travolti da questa bellezza distruttiva. E ne vorrete ancora, ancora e ancora.


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