Il primo libro di un nuovo scrittore non si scorda mai… non è così? E se cercate un libro da divorare in appena due giorni, La casa delle Voci di Donato Carrisi fa al caso vostro. Io ci ho messo un solo giorno e non riuscivo a staccare gli occhi dalle pagine, la mente dalla storia. Sono stata totalmente catturata dal vortice di intrighi e dubbi, dai “e se?” e dai “ma…”, dal freddo terrore delle possibilità offerte da una realtà che si insinua nella tua psiche e che ti afferra per le viscere.

Carrisi è stata una lettura piacevole e inaspettata. Inaspettata perché il genere che rappresentano i suoi libri è un po’ fuori dalla mia comfort zone, insolito per me da leggere. Devo ammettere che però la lettura di questo libro mi ha spinta ad accogliere nuove possibili letture future, facendomi riflettere sul modo in cui un lettore si evolve continuamente, lettura dopo lettura. Sono del parere che quando un libro ti spinge a mettere in piedi questo genere di riflessioni, non può che essere stato un buon libro. E questo, in particolare, lo è stato su più fronti, ma come al solito partiamo per gradi: di cosa parla La casa delle voci?

La casa delle voci è un thriller e la sua storia si apre sulla personalità già piuttosto peculiare dell’addormentatore di bambini, nonché Pietro Gerber. Gerber è uno psicanalista e la sua sfera specialistica riguarda i casi che vedono coinvolti poveri infanti. Li aiuta a emergere da casi drammatici ipnotizzandoli… o come dice lui, “addormentandoli”. È così che riesce ad estrapolare dalla loro fragile mente pezzi di vita e informazioni vitali sepolte nei meandri della memoria.

“Gli eventi che ci capitano, anche i peggiori, contribuiscono a renderci ciò che siamo. Sono parte di noi, anche se facciamo di tutto per dimenticarli”.

Un giorno però riceve una chiamata da parte di una collega australiana che richiede il suo aiuto per un caso particolare e che riguarda Hanna, una donna adulta. Un caso piuttosto strano per il nostro Gerber, ma che accetta comunque, un po’ per semplice intrigo e un po’ per il reale bisogno di aiutare una persona mentalmente instabile a causa di eventi drammatici avvenuti quando era piccola. Hanna è un personaggio difficile con cui avere a che fare. Sembra una persona normale, ma è tormentata da un ricordo che la spinge a credere di avere ucciso un bambino quando era piccola. Gerber ricorrerà all’ipnosi per comprendere se il ricordo che tormenta la povera Hanna è qualcosa di reale o un semplice frutto della sua fantasia, miscuglio di sogni e incubi infantili.

“Ma il punto è se sia davvero possibile scegliere di dimenticare qualcosa”.

Il ricordo incriminato risale a quando Hanna viveva in un luogo speciale per lei e la sua famiglia, chiamata “la casa delle voci”, ma scopriremo presto che ciò che cela la mente di Hanna è molto più di quanto dice e che la bambina di cui narra è una bambina da innumerevoli nomi, tenuta lontana da coloro che definisce “estranei”. Perché gli estranei sono solo il pericolo, e bisogna fidarsi soltanto di mamma e papà. È una delle regole fondamentali a cui ruota attorno tutto il mondo della piccola dai mille nomi.

“La peggiore scoperta di ogni bambino era che mamma e papà non sono infallibili. Quando si acquisiva tale consapevolezza, si realizzava anche di essere un po’ più soli nell’affrontare le insidie del mondo.”

Mi fermerò qui, perché ogni dettaglio potrebbe svelarvi più di quanto dovrebbe. Sembrava un libro semplice, una storia già vista e sentita, ma non lo è: La casa delle voci non è AFFATTO ciò che sembra e ciò che vi ho narrato di questa storia è solo un minuscolo frammento. Dietro questo frammento c’è molto, molto di più: ci sarete voi che, pagina dopo pagina, finirete per fare supposizioni su supposizioni, teorie su teorie… e spesso alcune di queste falliranno, ma altre magari no. Forse dietro ad un caso folle solo folli idee vi aiuteranno a trovare la strada verso la verità, a sciogliere quell’intreccio intricato di storie, sogni, ricordi e realtà.

“E se invece da bambini possedessimo un talento speciale per vedere cose impossibili? E se nei primissimi anni delle nostre vite avessimo davvero la capacità di guardare oltre la realtà, di interagire con mondi invisibili, e poi invece perdessimo questa abilità diventando adulti?”

Alla fine, è la follia a vincere, a ridere di voi e della vostra mente, oltre che di quella dei personaggi.

Seguirete la memoria di Hanna passo passo. Come se foste in un corridoio buio costellato di porte, aprirete ogni ricordo ed entrerete nella storia di questa ragazza infranta. Porta dopo porta. Ricordo dopo ricordo. E tutto ciò che leggerete sarà tremendamente vivido, come se foste davanti ad un film proiettato dalle parole e dalla vostra mente.

Vivido, intricato, scorrevole: questi sono i tre aggettivi perfetti per questo libro che si lascia divorare facilmente. Non è un thriller di cui avere paura e gli incubi la notte, ma infilzerà gli artigli del dubbio nella vostra psiche e accarezzerà le vostre membra finché non avrete concluso la storia. In poche parole, vi sussurrerà e tormenterà per sapere di più. E quando i libri fanno ciò… beh, noi lettori non possiamo che soccombere al loro volere e godere della loro piacevole compagnia.

“Cos’è meglio, le fantasie di una bambina che crede nelle streghe e ai fantasmi, oppure l’idea che esista solo questo mondo cinico e razionale in cui la morte è davvero la fine di ogni cosa e in cui qualcuno decide cosa è bene o male per noi senza nemmeno interpellarci?”


A questo punto non posso che chiedervi se avete letto questo libro e se è stata una bella lettura per voi così come lo è stata per me. Se invece siete stati intrigati da questa recensione e volete acquistare questo libro prima di subito, vi lascio il mio link affiliato attraverso cui potrete acquistare e supportare me e il mio blog (senza costi aggiuntivi): qui troverete l’edizione della TEA che ho io, spesso in offerta.

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